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“Verso il mercato senza disparità”

Intervista fatta da Geraldina Colotti a Blanca Rosa Pampin, economista cubana e rivoluzionaria della prima ora.

«Sul tema della "libreta" abbiamo modificato alcune bizzarrie: per esempio, tutti ricevevano i sigari o il caffè, anche i bambini, ora non più»

Blanca Rosa Pampin, autorevole economista cubana, è una rivoluzionaria della prima ora, esponente della prima Brigata studentesca del 26 luglio, a 14 anni. «A Cuba la rivoluzione l'hanno fatta i giovani e le donne, che continuano ad avere un ruolo molto importante nella vita politica e nella società - racconta al manifesto -.

Siamo il paese dell'America latina con il maggior indice di emancipazione della donna: nel lavoro, negli studi, dove siamo maggioritarie. Il 66% della forza lavoro tecnica e professionale è femminile. Abbiamo il 49% di donne in Parlamento, e un 30%, ancora insufficiente, di dirigenti amministrative». Pampin ha accettato di rispondere alle nostre domande durante un giro di conferenze in cui ha spiegato la nuova politica economica del paese.


È vero che state andando verso il capitalismo come alcuni vorrebbero?

Non si tratta di una revisione politica, i nostri principi restano intatti, le conquiste sociali non si toccano. Stiamo migliorando il socialismo, attualizzando il nostro modello economico per renderlo più efficiente, per sviluppare di più la forza produttiva e metterla in relazione con il contesto del XXI secolo. Non possiamo restare avulsi da quello che ci circonda, il mercato esiste e tanto vale riconoscerlo. Andiamo avanti con l'economia pianificata, ma la pianificazione è più flessibile, appunto tenendo conto del mercato.


E quali sono le direttrici principali?

Ora si promuovono diverse forme di proprietà: la proprietà statale rimane quella principale, ma vi si affianca quella cooperativa. Nel settore agricolo e dell'allevamento le cooperative esistono da molto tempo, il 68% della nostra terra è coltivato in cooperativa. Però adesso si stanno sviluppando anche nei servizi e in altri settori. Ultimamente la nostra produzione agricola ha subito un forte deterioramento. Nel mondo ci sono 10 multinazionali che controllano l'investimento produttivo e i prezzi si sono alzati, anche quelli degli alimenti. Inoltre Cuba vive un costante esodo dalla campagna alla città, come avviene in tutte le altre parti. Cinquant'anni fa, viveva in zona rurale il 50% della popolazione, oggi solo il 25% e non basta. A questo si deve aggiungere l'invecchiamento della popolazione proporzionale all'aumento della speranza di vita, che per noi è di 79 anni in media anche per la qualità del sistema sanitario. In Europa o negli Stati uniti si cerca di risolvere importando manodopera immigrata a basso costo, ma Cuba non sfrutta nessuno. I fagioli, però, come ha detto il presidente Raul, sono importanti quanto i cannoni, quindi dobbiamo sviluppare la nostra sovranità alimentare per produrre quel che ci serve. Un paese sotto bloqueo non può dipendere dalla importazioni. Questo non significa che a Cuba ci sia un problema di scarsità alimentare, fame o denutrizione. Recentemente il rappresentante della Fao è stato da noi e ci ha felicitato per aver compiuto la meta del millennio. Però abbiamo più di un milione di ettari improduttivi. Per questo abbiamo deciso di dare le terre in usufrutto con l'unico impegno che vengano rese produttive, non per venderle o affittarle. Abbiamo già 151.000 richieste perché gli venga data la terra. Nel lavoro per conto proprio, piccoli esercizi commerciali, bar, trasporto, abbiamo già concesso 390.000 licenze e contiamo che questo settore arrivi a costituire il 35% di tutta la forza produttiva del paese.


Ma così non si creano disparità sociali?

Uno dei principi dei Lineamenti della politica economica è che non si permetterà concentrazione di ricchezza, e la legge tributaria dice chiaramente che chi riceve di più paga di più. Detto questo, io penso che se uno vive meglio perché lavora di più, tanto di guadagnato per lui. Queste misure sono state approvate nell'ultimo Congresso del Partito comunista dopo un'ampia discussione nel paese che ha prodotto importanti modifiche al 68% dei Lineamenti proposti. Si sono svolte 163.000 riunioni a cui hanno partecipato 8 milioni di persone e tutte le decisioni sono state prese in considerazione. Per esempio, sul tema della libreta, il libretto di razionamento per cui siamo stati criticati in tutti questi anni. Il Lineamento 162 avrebbe voluto abolirlo perché ci costa 26 milioni di dollari, ma la gente si è opposta. La popolazione paga solo il 12% e riceve a prezzo sussidiato riso fagioli, zucchero, pollo, pane, caffè, sale, olio... Le persone con problemi di salute hanno diritto ad aggiunte speciali, ma i prodotti non completano l'alimentazione, il restante 50% si deve comprarlo nei mercati. Però abbiamo modificato alcune bizzarrie: per esempio, tutti ricevevano i sigari o il caffè, anche i bambini, ora non più. In base ai nuovi Lineamenti abbiamo rivisto tutta la legislazione, una nuova legge tributaria e tutto il sistema per concedere credito a bassissimo interesse ai piccoli produttori, un nuovo codice del lavoro e stiamo rivedendo tutte le misure per l'investimento estero, è un processo di revisione generale.


Anche quest'anno, gli Usa hanno confermato il blocco economico contro Cuba. Quanto influisce su questi progetti?

Il bloqueo frena gli investimenti e il commercio, chi ha scambi commerciali con noi viene multato. Abbiamo perso un milione di milioni di dollari e questo ha influito su tutti i settori dell'economia: nella salute perché mancano le medicine e le apparecchiature per il centro cardiochirurgico infantile, nella comunicazione perché non abbiamo accesso al satellite, nell'aeronautica, nella cultura perché non possiamo importare la carta per i libri. Nessuna impresa, nessuna filiale nordamericana in nessun paese del mondo può comprare alcun prodotto che contenga anche il 10% di componente cubano e da queste filiali non possiamo acquistare equipaggiamenti o, peggio, pezzi di ricambio. Non possiamo usare dollari, dobbiamo comprare moneta di ricambio e così logicamente ci perdiamo. Nell'investimento estero necessitiamo soprattutto di nuove tecnologie e accesso a nuovi mercati. Diamo priorità al turismo per via delle nostre condizioni naturali, anche se la crisi si fa sentire, aumenta il numero di visitatori, ma spendono di meno. Vogliamo potenziare lo sfruttamento del nichel e del petrolio, e soprattutto la produzione di alimenti. Vogliamo attrezzare il porto di Mariel a fini commerciali, con la collaborazione del Brasile, e lasciare quello dell'Avana solo a scopo turistico.

Abbiamo relazioni con il Canada per estrarre il Nichel. Per le esplorazioni petrolifere nel Golfo del Messico, ci siamo affidati al Venezuela. Il nostro Prodotto interno loro ha continuato a crescere, è al 3% e può arrivare a 3,7. Queste attività, però, sono molto costose. Per fortuna oggi Cuba non è più sola, può scambiare in modo solidale con altri paesi che stanno sperimentando una propria via al socialismo come Venezuela, Bolivia, Ecuador...

Puntare sul turismo ha provocato anche problemi, come il ricorso alla doppia moneta che Raul Castro vuole abolire.

Il turismo è fonte di importanti risorse, anche umane, di scambio e di conoscenza e noi vediamo il lato buono. Si deve risolvere la dualità del modello monetario e unificarlo. Finora il turista compra il peso convertibile, il cuc, e spende con quello. Peso e cuc sono entrambe monete cubane, ma la tassa è diversa, c'è un tasso di cambio distinto. Il problema è qual è il tasso di cambio adeguato per unificare la moneta.

Qualunque altro paese in una situazione seria come la nostra negli anni '90, avrebbe fatto ricorso alla svalutazione, ma così se il giorno prima avevi 10 nel portafoglio, il giorno dopo ti ritrovavi 5, la popolazione ne sarebbe stata colpita, così si stabilì quella dualità. Adesso stiamo cercando una soluzione.

Da: il manifesto 2013.06.04 - 07 INTERNAZIONALE

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