Home » Notizie ed Eventi » Perché Cuba ce la fa

Perché Cuba ce la fa

35 anni dopo Alma Ata e 50 anni dopo le sanzioni americane contro Cuba, forse è il momento di interrogarsi perché la copertura sanitaria universale sia la più potente forza per difendere la dignità umana,

raggiungere l’equità e la realizzazione delle proprie capacità

50 anni fa’ (8 luglio 1963) ebbe inizio l’embargo contro Cuba voluto dal governo americano. L’embargo inizialmente era limitato agli scambi commerciali, turistici, finanziari tra Cuba e USA, ma dal 1996, l’embargo si aggrava: una legge approvata dal Congresso Americano stabilisce che gli USA ritireranno tutti i finanziamenti verso le organizzazioni internazionali che violeranno l’embargo e annullerà le importazioni verso quei paesi che effettueranno traffici con Cuba nella stessa misura delle importazioni da questi effettuate. Tale legge è stata ritenuta da molti illegittima in quanto, oltre a contribuire al mantenimento dell’economia cubana a uno stadio di povertà, viola il diritto di autodeterminazione, la libertà degli scambi economici, il divieto di non ingerenza nelle questioni di sovranità interna.

Cuba ha sofferto molto a causa dall’embargo e del conseguente isolamento internazionale. La situazione si aggravò ulteriormente con il collasso dell’Unione Sovietica, a causa del quale Cuba perse un terzo del suo PIL. Nonostante le timide aperture del governo cubano in campo economico e dei diritti civili Cuba rimane un paese povero, con infrastrutture fragili e redditi molto bassi.

Eppure, nonostante tutti i problemi di cui soffre Cuba, le proteste pubbliche sono minime – osserva Richard Horton, direttore di Lancet, in un recente editoriale (leggi qui). Il governo non spara pallottole di gomma contro i suoi cittadini. Non usa gas lacrimogeni. Perché? Non potrebbe essere in parte dovuto alla presenza di una copertura sanitaria universale?”

Afferma Horton: “Cuba è stato il primo paese latino americano a introdurre un sistema di cure primarie onnicomprensivo e universalistico. Il viceministro della sanità la scorsa settimana ha parlato a L’Avana delle priorità del suo governo. La sua prima preoccupazione è stata “la soddisfazione degli utenti”, seguita dalla “qualità” e dall’ “efficienza”. La riduzione della mortalità materna il principale obiettivo. Potrebbe la copertura sanitaria universale essere lo strumento politico per mantenere la pace nazionale, l’ordine e la stabilità? Questo è certamente l’obiettivo esplicitamente dichiarato dal governo cinese a proposito della riforma sanitaria. Ma la ragione per cui il popolo cubano non scende in piazza, resiste all’embargo americano senza prendersela con il suo governo, sembra accettare l’assenza di libertà va oltre il sistema sanitario (anche se un legame c’è).

Dagli anni 50 – prosegue Horton – quando gli USA sfruttavano Cuba come un cortile di casa attrezzato a ‘parco giochi’ (giochi d’azzardo, corruzione, prostituzione), e nei 400 anni precedenti di dominio coloniale, l’obiettivo dei leader cubani è stato sempre quello di restituire la dignità al loro popolo attraverso l’indipendenza e l’autonomia. Il governo cubano è certamente imperfetto. Ma le sue imperfezioni sono considerevolmente inferiori ai suoi successi. Fidel Castro è riuscito a ottenere l’indipendenza e l’autonomia. Ha restituito la dignità al suo popolo. Ha istituito un sistema sanitario e un sistema educativo molto efficaci. Il suo fratello Raul deve affrontare la sfida che riguarda tutte le nazioni (e tutti i sistemi sanitari) – la sostenibilità.”

All’interno di questa sfida si pone un approccio alla salute che distingue l’America Latina dalle altre regioni del mondo. In un recente convegno Nila Heredia, già ministro della sanità della Bolivia, ha spiegato perché i principi di sanità pubblica occidentali appaiono così anemici a confronto con quelli latinoamericani. Heredia descrive i quattro principi di medicina sociale, tutti intimamente connessi con il successo di Cuba sotto Castro.

Primo, la salute è un fondamentale diritto.

Secondo, la salute è socialmente determinata.

Terzo, la salute può essere raggiunta solo attraverso politiche universalistiche (e non discriminatorie).

Quarto, la salute può essere ottenuta solo attraverso la partecipazione sociale a tutti i livelli.

Questi quattro principi sono influenzati da quattro forze aggiuntive: interculturalità (mentre la medicina occidentale raramente prende sul serio la cultura), le questioni di genere, le risorse umane, e l’ambiente. Al cuore della nozione di medicina sociale sta la nostra attitudine verso la salute: la salute è un bene di consumo che può essere messo in commercio o è un diritto? Qui sta la più importante lezione per tutti che viene dall’America Latina, la sola regione del mondo che ha preso sul serio la Dichiarazione di Alma Ata (leggi qui).

su Salute per tutti

Autore: Gavino Maciocco

Data: 2013-07-26

commenti (0)